Come dice l’io narrante, è una serie di racconti basati su descrizioni fatte da una macchina fotografica. Non esiste, da parte dell’autore, nessun accenno a qualcosa che sia “interiore”. La Berlino degli ultimi anni della Repubblica di Weimar è una città cupa e liberissima al tempo stesso. Cupa perché la presenza dei nazisti, delle croci uncinate, delle SA è sempre maggiore, e liberissima perché in quegli anni a Berlino ci si può trovare di tutto: dalla decadente ragazza inglese, all’omosessuale dichiarato, alla famiglia ebrea che pensa al futuro, ai locali comunisti. Libro che fa riflettere sulla povertà, sull’egoismo, sull’indifferenza che alla fine creano i disastri nelle società.

Esemplare la descrizione della signora che a novembre 1932 votò comunista e già nel febbraio 1933 chiamava Hitler “Der Fuhrer”.

Libro eccezionale, che ha avuto molta fortuna proprio perchè non è diventato quel tomo pesante che era all’inizio nelle intenzioni dell’autore. Lo si gusta come una limonata amara, che piace proprio perché ha quel sapore così “antagonista”.

Se avete visto il film “Cabaret” (dico quello vero, con Liza Minnelli), capirete che è ispirato proprio a questo capolavoro di Isherwood.