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Il 23 luglio del 1930 trema la terra nella zona del Vulture con un sisma di magnitudo momento 6,7 (X della Scala Mercalli). Il terremoto prese il nome dal Monte Vulture alle cui pendici si verificarono ingenti danni. In particolare le zone più colpite furono la Basilicata, la Campania e la Puglia. I suoi massimi effetti si videro nella zona montuosa fra le province di Potenza, Matera, Benevento, Avellino e Foggia.

Il terremoto causò la morte di 1.404 persone prevalentemente nelle province di Avellino e Potenza, con oltre 50 comuni di 7 province interessati.

Epicentro dell’immane terremoto fu la provincia di Avellino, tra i centri abitati di Bisaccia e Lacedonia. Altra città gravemente colpita fu Ariano Irpino. Moltissime abitazioni, luoghi di culto e monumenti pubblici furono distrutti a causa o del terreno franoso sul quale si era costruito in precedenza o del materiale molto scadente con il quale erano stati realizzate numerose strutture. Generalmente, le case erano realizzate con pietre vulcaniche collegate da malte di bassa fattura o da fango essiccato.

Il fatto che non ci furono più vittime fu dovuto a un motivo molto semplice: moltissimi abitanti stavano dormendo all’aperto per la trebbiatura del grano. Un miracolo all’interno di una tragedia di vaste proporzioni. Inizialmente, le autorità politiche non vollero che la notizia trapelasse o per essere più precisi decisero di minimizzare i danni segnalando il fatto che le vittime erano molto poche rispetto alla devastazione dei centri urbani coinvolti.

Quasi 100.000 furono gli sfollati e i senza tetto dell’Avellinese, inoltre si dovette provvedere alle necessità di ben 1.115 bambini rimasti senza più genitori o parenti che potessero occuparsi di loro. Questi ultimi andarono presso colonie, famiglie affidatarie o istituti religiosi.

Un primo intervento di aiuto finanziario fu di 100 milioni di lire durante il Consiglio dei ministri del 29 luglio 1930. A questa prima cifra, presto rivelatasi insufficiente rispetto ai danni subiti, se ne aggiunsero altre fino ad arrivare a 160 milioni di lire.

Il piano per la ricostruzione partì con il Regio Decreto Legge del 3 agosto 1930 numero 1065.

Per comprendere la situazione alla quale si dovette far fronte basti pensare che Lacedonia e Aquilonia furono quasi completamente rase al suolo. La natura franosa dei terreni portò alla risoluzione di spostare in toto la comunità di Tocco Caudio e solo limitatamente Aquilonia, Bisaccia, Melfi e Rionero in Vulture.