Trentatre anni fa, il 14 giugno 1987, si tennero le elezioni politiche in Italia. Tra le tante e poco ricordate, si dirà: eppure si trattò di un’occasione fondamentale, in quanto nell’occasione entrò nella sua fase finale la cosiddetta “Prima Repubblica”.

Ovviamente il termine è giornalistico (non ci sono stati cambi di costituzione tali da giustificare, come in francia, il cambio di numero alla Repubblica Italiana. Forse il termine più giusto sarebbe “Repubblica dei Partiti” che, attraverso gli effetti della caduta del Muro di Berlino, del Trattato di Maastricht e di Tangentopoli avrebbe trovato la sua conclusione/trasformazione nella campagna propagandistica a favore del sistema maggioritario culminata nel referendum per l’elezione diretta dei Sindaci,  e nella formula elettorale denominata “Mattarellum” (da Sergio Mattarella, che ne fu il relatore, e che adesso siede meritatamente al Quirinale).

La legislatura 1983 – 1987 fu caratterizzata fortemente dalla prima presidenza del Consiglio socialista e  da un duro scontro a sinistra sul tema della scala mobile, sul quale si era anche svolto nel 1985 un referendum che aveva dato ragione alla linea governativa.

Non realizzata la prevista staffetta Craxi – De Mita alla presidenza del Consiglio e costretto il governo a guida socialista alle dimissioni ci si avviò alle elezioni anticipate formando un governo Fanfani battuto in Parlamento: a quel punto (aprile 1987) Cossiga sciolse le Camere un anno prima della loro naturale scadenza.

Quelle elezioni facevano già intravedere i primi scricchiolii del sistema, che solo De Mita lesse, quando nel 1988 si insediò a Palazzo Chigi, affermando che il suo governo era l’ultima occasione per giustificare determinati equilibri politici e sociali. Nel 1987, infatti, emersero due rappresentanze di movimento di grande rilievo.

Quella ambientale, con l’approdo delle “Liste Verdi” in parlamento : secondo elemento, dopo l’ingresso del partito radicale avvenuto nel 1976 del peso che stavano assumendo le cosiddette “politiche sociali” rispetto a quelle “ideologiche”; ma soprattutto, l’ingresso alla Camera e al Senato di un rappresentante della Lega Lombarda in ognuno dei due rami del Parlamento: Leoni alla Camera, Bossi al Senato (da lì il famoso “Senatur”). Si trattò del classico caso della “palla di neve” trasformatasi in valanga ( valanga poi consolidatasi, trasformatasi, fino al Salvinismo attuale che quasi contraddice tutto della Lega iniziale).

La Lega Lombarda  accanto alle istanze autonomiste fece immediatamente propria la linea di un dimenticato Movimento di Liberazione Fiscale che, proprio in quella tornata elettorale si era presentato dopo aver svolto alcune importanti manifestazioni di piazza: si trattò del classico caso del nenniano “piazze piene e urne vuote”, perché radunate 30.000 persone a sfilare per Torino ma poi i voti furono 25.000.

Le elezioni del 1987 registrarono un secondo, netto calo del PCI che perse circa 800.000 voti: calo che seguiva quello registrato nel 1979 e che era stato contenuto in una “sostanziale tenuta” nel 1983, anche grazie all’alleanza con il PdUP – Manifesto (caso a parte ovviamente l’esito delle elezioni europee del 1984 con il famoso “sorpasso”: Elezioni svoltesi nel pieno della commozione popolare per la scomparsa di Enrico Berlinguer).

Il dato politico però fu quello dell’eccessiva lentezza nel “riequilibrio a sinistra” invocato dai socialisti: il PCI ottenne comunque il doppio dei voti del PSI e la DC si confermò partito di maggioranza relativa con circa 3 milioni di voti di vantaggio sui comunisti.

Il sistema restava così praticamente bloccato nella dimensione dei maggiori partiti e allargava la rappresentanza istituzionale ai nuovi movimenti portatori di istanze individualiste post – ideologiche.

In quella legislatura ci fu la mummificazione del centrosinistra (il CAF), il travaglio del PCI con il suo cambio nome, e la pesante sconfitta socialista sul referendum Segni circa la preferenza unica. Nel 1992, il cambio di legislatura avvenne in circostanza ben più drammatiche.

Ricordiamo anche la nostra storia recente: certe volte ci fa leggere meglio l’oggi.

Ah, nel 1987 si cantava questa: