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24 gennaio 2022

Una recensione de “Il sangue di Luino”.

Grazie a David Usilla e a “I gufi narranti

Come spesso accade da una situazione casuale scocca la scintilla e da un momento all’altro ti ritrovi con l’idea giusta, con l’ispirazione che bussa alla porta e tu non puoi far altro che farla entrare e lasciarla libera di esprimersi.

Leggendo la postfazione di “Il sangue di Luino” (Dialoghi) di Cesare Gigli è proprio questo il pensiero che mi è balzato alla mente. Come racconta lo scrittore questo romanzo nasce in una pizzeria milanese dalla sua curiosità, dalla sua voglia di approfondire un episodio storico che ha sconvolto per qualche giorno l’Italia di fine 1800, un’Italia alle prese con il difficile compito di integrare le varie anime appena riunite sotto un’unica bandiera.

Siamo nella prima metà del 1898, in tutta la Penisola i movimenti popolari iniziano a protestare contro il governo per il rincaro dei prezzi del pane, per il lavoro e contro le tasse. A Gennaio le prime cariche di fanteria coinvolgono i manifestanti di Bologna e Modena. Da li in poi, fino a Luglio, è un susseguirsi di proteste e di scontri tra manifestanti ed esercito regio che lascia sul terreno un grande numero di vittime. Il caso più importante avviene a Milano l’8 maggio 1898 quando per ordine del generale Fiorenzo Bava Beccaris l’esercito spara sui manifestanti lasciando sul campo alcune centinaia di morti e un considerevole numero di feriti.

Due giorni dopo, il 10 maggio la stessa cosa succede a Luino ed è da questo fatto che prende il via tutto il romanzo di Cesare Gigli. Il protagonista della storia è Italo Fornari, ragazzo abruzzese che dopo aver conseguito, a fronte di studio e sacrifici, il grado di sottobrigadiere della finanza, viene mandato a Luino.

All’inizio seguiamo il percorso di adattamento di Italo alla nuova realtà, al rapporto con in nuovi colleghi e con la popolazione del posto, che non nasconde una certa avversità e diffidenza verso lo “straniero”, verso il meridionale, verso il “terrone”. Con il tempo amicizie ed amori sembrano far girare la ruota del destino nel senso giusto ma c’è da fare i conti con la realtà, con la storia che con il suo corso cambia vite e destini in un lampo.


È un romanzo delicato scritto in punta di penna che racconta di amori, amicizie, che racconta di un’Italia appena fatta e di italiani ancora lontani dall’essere fatti. Un romanzo che prende il cuore del lettore, ci gioca, lo accarezza, lo stritola ed infine lo strazia.

Il sangue di Luino dà molti spunti su cui riflettere, temi importanti come l’integrazione, l’ostinazione anacronistica nel difendere confini che man mano sono resi sempre più permeabili dal corso inesorabile della storia. Un romanzo tutto sommato breve, ma pieno di contenuti, una buona occasione per tutti gli amanti della lettura di scoprire una pagina della nostra storia finita colpevolmente nell’oblio.



24 marzo 2021

Una recensione de “Il sangue di Luino”.

Grazie a “Il mio mondo di Libri 75” e a Diana

Scheda tecnica

Titolo: Il sangue di Luino

Autore: Cesare Gigli

Editore: Dialoghi

Genere: Narrativa storica

Pagine: 140

Pubblicazione: 20 Dicembre 2020

Formato: Copertina flessibile

Dalla proclamazione del Regno d’Italia sono passati solo pochi decenni, quando il sottobrigadiere della Regia Guardia di Finanza, Italo Fornari, viene trasferito a Luino, al confine con la Svizzera. Originario degli Abruzzi e figlio di umili contadini, Italo si rende presto conto che la sua Patria, di cui fieramente porta il nome e che orgogliosamente serve, non è così unita come sembra, né a livello culturale, ma nemmeno linguistico e men che mai ideologico. La sua permanenza al Nord, seppur breve, gli consente però di mettersi in discussione e di rivalutare le sue priorità.

Italo Fornari, nato in Abruzzo a Petrella Salto, da una famiglia di contadini, con grande abnegazione e impegno persegue il suo sogno di entrare nella Regia Guardia di Finanza. Studiando con dedizione e grazie all’aiuto della zia, seppur contro l’iniziale opposizione del padre, Italo riesce con successo ed in breve ad ottenere il grado di sottobrigadiere delle Fiamme Gialle. Con la promozione il primo incarico che lo porta a Luino, al confine con la Svizzera, lontano dalla sua famiglia e da Maria, la donna che ha chiesto in sposa. Un viaggio lungo oltre quaranta ore attraversa l’Italia, la Patria che, con orgoglio e fierezza, si sente di servire. Giunge in un mondo completamente nuovo: tutto gli appare enormemente diverso rispetto al paese natio, a cominciare dalla percezione del tempo e del suo trascorrere più o meno veloce… Italo non è preparato: le ore trascorse a studiare e il grado conseguito non hanno cancellato la sua origine di meridionale “terrone” e le difficoltà con la lingua non lo aiutano. D’altronde, l’Italia da poco costituita che egli si affanna a servire manca degli italiani… Italo così fiero del suo nome, un nome tanto evocativo, si trova in terra straniera, quand’anche in Patria, a dover affermare, con la forza di una scazzottata, il rispetto dovuto al suo grado.

“Non capiva nulla: quel dialetto era ancora una lingua straniera e continuava a sentirsi, proprio lui, così abituato a essere parte dell’ambiente che viveva, estraneo al mondo che lo circondava. Provava una vaga sensazione di malessere. L’impressione di essere trattato come uno straniero, quasi un essere inferiore, era palpabile persino in caserma. Non solo continuava a essere visto male dai soldati, ma i due militi che aveva incontrato il giorno in cui era arrivato, Brambilla e Radaelli, non rispondevano neanche se li chiamava, quasi sfidandolo con la loro indisciplina e indirizzandogli frasi in dialetto stretto che lui non ca- piva, ma che percepiva fossero insulti.”

Italo così per bene che stringe immediatamente amicizia con il collega Gaetano Pedronetto, alto e biondo “che sembrava nato per fare quel mestiere”. Presto “A Italo sembrò che il suo amico stesse cambiando espressione. Percepiva nei suoi occhi ammirazione e sorpresa al tempo stesso. «Io credo tu sia una persona eccezionale, Italo» disse infatti. «Hai avuto coraggio per te stesso, ami la Patria come me, e sei disposto a tanti sacrifici per essa. Se solo tutti vedessero come sei, e non solo il fatto che hai un dialetto diverso dal nostro…»”

Italo che presto comincia a fare i conti con la consapevolezza “Capì in un lampo che non c’era solo qualcosa di sbagliato in tutto ciò che era successo. Lo era tutto…”.

Cesare Gigli, con “Il sangue di Luino “ci ha fatto un regalo bellissimo. Un romanzo delicato e appassionato dove l’amore e le sue declinazioni si affiancano alla narrazione di momenti strazianti. Con un linguaggio chiaro e scorrevole, il racconto fluisce attraverso le pagine riportando immagini nitide dei fatti e dei personaggi, stimolando a considerazioni e approfondimenti circa il periodo storico in cui la storia è ambientata. Sullo sfondo, un senso di solitudine lancinante che spiega perfettamente la sensazione di svuotamento che si prova quando la realizzazione del sogno di una vita si scontra con la realtà della vita stessa. Un testo che fa riflettere e che analizza temi fondamentali anche ai nostri tempi dove i confini sono divenuti più permeabili e noi, cittadini europei. Un mondo dove le donne lavorano quanto gli uomini e sì, votano, contrariamente a quel che nota Italo ai suoi tempi, ma quanto hanno ancora da fare per realizzare una reale uguaglianza dei generi. Un libro troppo breve. 5 stelle


18 febbraio 2021

Una recensione de “Il sangue di Luino”.

Grazie a Elena Dell’Ira e a Il salotto di Librandia

Titolo: Il sangue di Luino

Autore: Cesare Gigli

Editore: Dialoghi

Prezzo: cartaceo € 13,00

Pagine: 140

Genere: Storico

Data Edizione: 2020

Valutazione: 5/5

1897 – Italo Fornari, giovane sottobrigadiere della Regia Guardia di Finanza, viene trasferito da un paesino dell’Abruzzo a Luino, al confine con la Svizzera. 40 lunghe ore di treno; non era mai salito su quel mostro con il comignolo fumante, non si era mai allontanato dalla sua famiglia e dalla sua fidanzata Maria. Ma Italo è un militare con un forte senso del dovere e della Patria e, nonostante questo trasferimento non lo renda contento, obbedisce per amor dell’Arma.

Italo non viene accettato subito dai nuovi colleghi; è “terun”, è forestiero. Per fortuna non la pensa così Gaetano, che Italo chiama Tano, lo prende sotto la sua ala e cerca di metterlo in guardia da una realtà e da un paese molto diversi dai suoi.

“Amatissima mamma …. ci stanno cose che ti lasciano abbaloccatu: ire vidi un carro ca se moveva senza li cavalli! Lu cocchiere moveva nu cerchio e da dietro usciva lu fumu! Tano m’ha detto che se chiama automobile, un’invenzione nova de ste parti! Io mi so messo paura, anche perché quanno ha preso ne iemete annava veloce veloce ca mettea paura”

Il suo primo incarico consiste nel presidiare le frontiere di terra e di lago per evitare che le persone portino denaro e beni di contrabbando in Svizzera. Furono giorni faticosi, non solo per cercare di capire il più velocemente possibile cosa doveva fare ma anche capire quello strano dialetto lombardo. Per fortuna Tano è un ottimo mentore oltre che amico, l’unico poi, che riconoscendo in Italo l’onestà e la correttezza, per lui è un onore essergli amico.

Grazie a Tano, Italo assaggia per la prima volta il panettone, un dolce dove Italo sente anche il suono delle zampogne che a natale riempiono di suoni le vie del suo paese. Assapora anche il Fernet, prodotto dalla famiglia Branca che ha un palazzo proprio a Luino. La nostalgia di casa viene mitigata da questa bella amicizia.

Alla messa di natale Italo incrocia due bellissimi occhi azzurri, una donna così bella non l’aveva mai vista. E’ Gisa una ragazza un po’ eccentrica, dalla lingua lunga, così la descrive Tano.

“Lei si voltò e i suoi occhi azzurri si puntarono su di lui. Il sole tornò proprio in quell’istante, facendoli brillare ancora di più su di lui.”