Per quanto possa sembrare non concepibile, la soluzione non potrà che essere una supercoscienza globale.

Questo tipo di evoluzione, che per quanto possa sembrare fantastica è già avvenuta (specializzazione cellulare, comunità di insetti) può avvenire anche per noi. La creazione del “mito” condiviso è già una metacoscienza in embrione, e la simbiosi tra noi e il frumento e gli animali di allevamento sono esempi di “creature” più estese del singolo.

L’obiezione che tali cose mancano di “coscienza” è parziale: fermo restando che sarebbe come dire a un neurone di comprendere il cervello, o a una formica di capire l’intero formicaio, il “tipo” di coscienza che questi superorganismi hanno è radicalmente diversa dalla nostra.

Possiamo fare qualcosa per favorirla od opporci? Si, essere noi stessi. Essere consapevoli, cioè, del nostro ruolo. Che non è centrale, ma che può essere utile, anzitutto a noi stessi. Il ruolo che noi abbiamo – la capacità di pensare “lentamente”, non ragionando solo per istinto – è importante: rende noi stessi – e il superorganismo di cui facciamo parte, più capaci di agire per il meglio, senza reazioni che fanno parte di una natura istintiva che siamo destinati a perdere.

Utopia? Si. Fantascienza? Forse. Ma spero sia uno spunto di discussione