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l 1966 si apriva con la necessità di un 45 giri. Ormai i Beatles non erano più una boy band, cominciavano a essere famosi anche per la qualità musicale. Abbiamo visto come questa fosse presente, in realtà, sin dall’inizio, ma è solo adesso che esplode in tutta la sua meravigliosa novità.

 

Il primo disco a sette pollici del 1966 è un chiaro esempio di questo. La definizione di lato a e lato B – che in questo caso è stata data – è fuorviante. Sono due capolavori che testimoniano quanto ormai i quattro ragazzi di Liverpool fossero artisticamente maturi e in grado di imporre le loro scelte. Due canzoni – una di Paul e una di John, oltretutto, anche se entrambe a firma congiunta – che sono anche un chiaro segno dei distinti percorsi musicali che i due stanno cominciando a prendere.

Paperback Writer, la canzone di Paul, è il classico esempio di ricerca musicale raffinata, con diversi piani melodici (addirittura un “fra martino” intonato dal coro di John e George) e un attento studio di quanto ogni strumento debba fare la sua parte. Esiste, per questa canzone, addirittura un video ufficiale. Ma è il lato B la vera novità.

 

In quell’aprile del 1966, nella febbrile attesa del campionato del mondo di calcio che si sarebbe disputato in Inghilterra, i quattro si trovarono ad Abbey Road per cercare di dare corpo alle idee musicali che erano venute a John sotto l’effetto degli allucinogeni.

Il risultato fu “Rain”, un pezzo mistico, dove gli effetti speciali provati forzarono i limiti tecnici dello studio fino all’inverosimile, e dove gli strumenti sono suonati creando un’armonia quasi miracolosa. Lo stesso Ringo dirà che Rain è il pezzo dove meglio si è espresso con i Beatles. Distorsioni continue, sovra incisioni di voci e infine un pezzo di canzone incisa “al contrario”, che fece nascere la psichedelia. Non è un caso che “The piper at the gates of Dawn” nacque lì vicino, nel tempo e nello spazio. Due brani che non parlano d’amore e che sono i pilastri di due generi musicali completamente diversi. Il tutto in un singolo 45 giri che sarebbe stato la fortuna di qualsiasi altro gruppo. Ma per i nostri era solo una delle tante tappe di una carriera strabiliante.

 

Anche la copertina del disco (con la famosa “butcher cover”, la copertina del macellaio) fu una novità, anzi uno scandalo: tanto che la dovettero ritirare (ma comparve in altre compilation: ai Beatles non li obbligavi così facilmente a rinunciare a un’idea) e sostituire con una più “ortodossa”.

 

Ma è con il 33 giri che segue che si raggiungono vette eccezionali. I Beatles, specialmente Lennon e McCartney, danno inizio a un periodo d’oro che terminerà solamente con il loro scioglimento. Ormai erano baronetti, più famosi di Gesù Cristo, come aveva detto John creando un putiferio, una settimana dopo l’uscita dell’album e musicalmente pieni come un uovo. Dovevano solo far uscire le loro creazioni, stavolta con i tempi loro e non con la frenesia che il mercato dettava.

 

Le quattordici canzoni sono tutti pezzi bellissimi, con alcune punte di eccellenza ancora oggi insuperate. Si va dalla psichedelia più totale al recupero della tradizione popolare inglese con strumenti classici; dal sitar al finto coretto per bambini. Come disse Ringo Starr: “E’ vero, prendevamo droghe. Ma non era quello il motivo del fatto che il 33 giri fu meraviglioso. Il motivo era che lavoravano tanto”. E c’era anche tanto talento, aggiungerei. Vediamoli, questi pezzi:

  • Taxman, il primo dei tre pezzi di Harrison, èarla del suo rapporto con il denaro e le imposte;
  • Eleanor Rigby è il primo capolavoro di Paul. La scena crepuscolare è accompagnata da un ottetto di archi. La canzone rimarrà nella storia della musica, ed è solo la prima delle tante di Revolver;
  • I’m only sleeping introduce i viaggi onirico-psichedelici di John;
  • Love You to Introduce di nuovo il Sitar di Harrison;
  • Here, there and Everywhere è Paul che fa il romantico;
  • Yellow Submarine, scritta dai due per Ringo, è molto di più della canzoncina per bambini che appare al primo ascolto. Tanto è vero che verrà ripresa per un film;
  • She Said She Said è di nuovo John che si diverte;
  • Good Day Sunshine è il “saluto al sole” di Paul;
  • And you bird can sing è la canzone arrabbiata di John. Con chi ce l’aveva? Le ipotesi sono tante, la più fantasiosa è quella che rende Frank Sinatra bersaglio dell’invettiva;
  • For no One è la prima canzone dove c’è un credito a un musicista esterno alla “banda Beatles”. Altro capolavoro di Paul, il corno francese viene suonato da Alan Civil che scrisse le note che Paul gli cantava. Già, perché questo geni della musica, la musica non la sapevano leggere.
  • Doctor Robert è John che prende in giro i “santoni delle anfetamine”;
  • I Want to tell you è la prima canzone della “trilogia dell’inno alle droghe”. Questa è di George;
  • Got to get you into my life anche se sembra una canzone d’amore è l’inno di Paul alla marijuana;
  • Tomorrow never knows, infine, è John è le sue visioni in preda alle droghe. Un poco come Rain, stavolta con un’atmosfera più cupa.

Inbsomma, un disco che segna – tantop per cambiare – un’altra pietra miliare nella storia del rock. I Pink Floyd, i Led Zeppelin, I Jethro Tull nascono anche grazie a questo capolavoro.

 

La copertina stessa ha fatto storia: primo esempio di “arte beatlesiana”, è opera di Klaus Voormann amico dei Beatles dai giorni in cui la band suonava ad Amburgo. Studiava arte, ed era un richiamo anche lui ad Astrid e soprattutto a Stu Sutcliffe. Voormann voleva mettere in risalto i capelli, e il risultato fu un disegno dei quattro volti eseguito a inchiostro di china assieme a un collage di immagini dei musicisti ritagliate da giornali e riviste e di qualche fotografia originale. Tutto in bianco e nero. Il viso di Voormann, come anche la sua firma (Klaus O. W. Voormann), sono visibili tra i capelli di George Harrison sul lato destro, sotto le labbra di Lennon.

Il titolo “Revolver” è un gioco di parole, riferito sia al revolver come tipo di pistola sia al movimento rotatorio (in originale “revolving”) che compie un disco sul piatto di un giradischi.

 

Di fronte a questo capolavoro, il 1966 si chiude. Verrà pubblicata una raccolta di pezzi mai apparsi su LP (“A collection of Beatles Oldies but goldies) con un solo inedito: “Bad Boy”, una cover registrata quasi due anni prima per il mercato americano. Questa raccolta non arriverà alla prima posizione (scandalo!) in quanto tutti avevano già le canzoni, ma venderà costantemente per ben trent’anni…

 

Nel 1967, arriverà una nuova – e ben più fragorosa – esplosione.